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Shoah: per non dimenticare!

 

Pochi giorni fa ricorreva la giornata della “memoria“, quella dedicata al ricordo dei milioni di ebrei deportati durante la seconda guerra mondiale.
Quella aberrazione umana conosciuta con il nome di Olocausto non può essere dimenticata. Ogni essere umano deve avere chiaro il percorso (se così vogliamo chiamarlo) che ha condotto un  popolo  (con qualche eccezione) guidato da un lucido folle, a commettere quell’orrendo massacro di innocenti:quasi 6 milioni di esseri umani, donne, uomini e bambini. 

I bambini sono il simbolo più doloroso di questa ferita inferta all’umanità, inermi esseri spogliati dei loro affetti vitali, della loro innocenza e perduti in questa orrida follia e  che hanno lasciato tracce terribili di quei giorni, come queste parole:

 Una macchia di sporco dentro sudicie mura 

e tutt´attorno il filo spinato

30.000 ci dormono…

Sono stato bambino tre anni fa.

Allora sognavo altri mondi.

Ora non sono più un bambino,

ho visto gli incendi

e troppo presto sono diventato grande.

Ho conosciuto la paura,

le parole di sangue, i giorni assassinati…

Alla luce di una candela m´addormento

forse per capire un giorno

che io ero una ben piccola cosa,

piccola come il coro dei 30.000,

come la loro vita che dorme

laggiù nei campi, 

che dorme e si sveglierà,

aprirà gli occhi

e per non vedere troppo

si lascerà riprendere dal sonno…

Hanus Hachenburg, da Vedem, settembre 1944

 

Ciò che a mio parere abbiamo il dovere di imparare da questa lunga pagina nera della nostra Storia è la lezione sulla pericolosa debolezza dell’Uomo.

Mi riferisco a quella debolezza che ha consentito ad altri uomini ( e donne) di accettare il sacrificio di massa di altri esseri umani in nome di un qualunque pretesto ( la razza, la provenienza, l’estrazione), di girare vilmente la testa dall’altra parte.

E’ la stessa debole fragilità che con frequenza non ci fa schierare, perchè è piu’ comodo, è più facile del prendere posizione e difenderla a volte anche a costo della propria vita. Per non dimenticare,perciò,  ricordiamo questa umanità scomparsa attraverso le struggenti parole di Primo Levi

 

Se questo è un uomo

Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.

Primo Levi

No, non è questo  un uomo.

Michele Tribuzio

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