Una macchia di sporco dentro sudicie mura
e tutt´attorno il filo spinato
30.000 ci dormono…
Sono stato bambino tre anni fa.
Allora sognavo altri mondi.
Ora non sono più un bambino,
ho visto gli incendi
e troppo presto sono diventato grande.
Ho conosciuto la paura,
le parole di sangue, i giorni assassinati…
Alla luce di una candela m´addormento
forse per capire un giorno
che io ero una ben piccola cosa,
piccola come il coro dei 30.000,
come la loro vita che dorme
laggiù nei campi,
che dorme e si sveglierà,
aprirà gli occhi
e per non vedere troppo
si lascerà riprendere dal sonno…
Hanus Hachenburg, da Vedem, settembre 1944
Ciò che a mio parere abbiamo il dovere di imparare da questa lunga pagina nera della nostra Storia è la lezione sulla pericolosa debolezza dell’Uomo.
Mi riferisco a quella debolezza che ha consentito ad altri uomini ( e donne) di accettare il sacrificio di massa di altri esseri umani in nome di un qualunque pretesto ( la razza, la provenienza, l’estrazione), di girare vilmente la testa dall’altra parte.
E’ la stessa debole fragilità che con frequenza non ci fa schierare, perchè è piu’ comodo, è più facile del prendere posizione e difenderla a volte anche a costo della propria vita. Per non dimenticare,perciò, ricordiamo questa umanità scomparsa attraverso le struggenti parole di Primo Levi
Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.
Primo Levi
No, non è questo un uomo.
Michele Tribuzio