Quando arrivi ad Auschwitz ( trasposizione tedesca del nome originale Oswiecim di questa località a pochi chilometri da Cracovia)
ti colpisce subito la presenza di questi lunghissimi corridoi di filo spinato elettrificato che delineano tutto il perimetro dell’area, caratterizzata da grandi e regolari edifici costruiti secondo i canoni dell’edilizia contemporanea polacca, in mattoncini rossi.
Si tratta di un complesso militare polacco di cui si appropriarono le milizie tedesche nel 1940, che porta al di sopra del suo ingresso la scritta
” Il lavoro rende liberi”…
La frase ci viene tradotta dalla guida con un senso di doloroso sarcasmo, visto che in questo posto che ha rappresentato l’inferno sulla Terra
nessuno ha più visto la libertà…
Abbiamo appreso di quanto è accaduto per opera dei militari tedeschi e del loro deviato progetto di morte attraverso i libri di storia, racconti di sopravvissuti, pellicole preziose del cinema, ma nulla ti prepara a vedere con i tuoi occhi i segni di tante atrocità.
Il campo di concentramento si divide in Auschwitz I e Auschwitz II ubicato di fatto in un’altra località dal nome Birkenau a circa 3 km dal i° complesso.
Visitando il primo, dove sono conservati documenti, foto e materiale tolto ai prigioneri ti investe subito l’enorme tragedia vissuta da milioni di persone.
Ci mostrano in questi edifici camere in cui venivano schedati i prigionieri, sino al 1942 quando poi invece furono direttamente scaricati a Birkenau:
lo scopo iniziale di Adolf Hitler e del suo entorage era quello di annettere il territorio polacco alla Germania, espropriando case e strutture e deportando la popolazione che intralciava questi piani.
Nel 1° edificio, composto di camere e prigioni di appena 1 metro quadro nelle quali chiudevano 4 persone, si moriva per nulla.. bastava pochissimo per finire davanti al Muro della Morte
fucilati immediatamente, senza alcuna remora per mano di ufficiali dall’aspetto per bene come
il tale Palitzch
In alcuni di questi edifici sono conservate le prime foto segnaletiche fatte dai tedeschi ai deportati:
foto che riportano anche bambini di pochi anni rasati, di profilo e da entrambi i lati, come delinquenti..
Altre foto riportano invece i prigionieri con i dati anagrafici e specifica del lavoro svolto..
E poi, si inizia a toccare quasi con mano :
alcune delle scatole vuote di Cyclon B, il potente pesticida usato nelle camere a gas
intere camere con vetri a vista che conservano i capelli tagliati alle donne e dati ad alcune aziende tessili ( qui di seguito il campione dei tessuti realizzati..)
O con decine di migliaia di occhiali requisiti ai poveri deportati
Infine, 40.000 ( circa) paia di scarpe tolte a chiunque arrivasse in quel luogo atroce:
uomini, donne, bambini.
e solo a chi sarebbe stato utile per il lavoro, avrebbero dato poi degli zoccoli in legno per poter camminare.
In questa struttura, fondata dal generale Rudolf Hoess, la camera a gas con i forni crematori era situata aldilà del complesso ( nel tentativo di mimetizzarla tra gli alberi)
Ci spostiamo a Birkenau,dove dal 1942 lo sterminio pianificato ha avuto la sua escalation:
1.100.000 (UN MILIONE E CENTOMILA) PERSONE da una stima per difetto si dice siano state uccise ad Auschwitz dall’inizio :
polacchi, ungheresi, soldati sovietici, zingari, omosessuali..
qui, appena scendevano dai treni
ad “accoglierli” medici delle SS che già indicavano quelli da destinare subito alle camere a gas ( il 70% delle persone che arrivavano), gli altri
erano braccia da lavoro per gli stessi campi o per l’industria ( chimica, bellica, ecc).
Non esistono foto delle camere a gas, ma la guida ci ha raccontato che giunti dopo viaggi inumani nei convogli queste persone venivano portate nelle camere a gas con la promessa di una doccia rigenerante ( ma prima spogliati del tutto e di tutto) : stipati in 2.000 per volta, uccisi in 15 minuti!
Questa una ricostruzione delle camere a gas
e questa la ricostruzione dei forni crematori a Birkenau ( distrutti dopo la liberazione)
dove per velocizzare venivano bruciati anche più corpi per volta…
i resti odierni delle camere a gas
Queste invece, le baracche in cui dormivano i deportati ( 3 ripiani diversi, dove era difficile raggiungere quello superiore viste le condizioni di vita difficilissime per alimentazione, una sola zuppa con pochissimi ortaggi ed un pezzo di pane al giorno, tante ore di lavoro e condizioni igieniche inesistenti)
Quello di seguito è un disegno fatto da un deportato in una baracca in cui erano presenti dei bambini
questa invece, la struttura dei “bagni”, unica per centinaia di persone..
e i “lavabi” comuni
Il percorso si conclude davanti a questa fossa, contenente una parte delle ceneri umane delle tantissime vittime (nei primi anni anche le ceneri avevano un’orribile destinazione:venivano date alle industrie dell’edilizia …)
Le targhe, nelle diverse lingue, recitano:
“In ricordo degli uomini, donne e bambini vittime del genocidio nazista. Qui si trovano le loro ceneri. Possano le loro anime riposare in pace”.
Camminando per viali di Birkenau vedi e senti sotto le scarpe una sottilissima sabbia grigia… e mentre ti domandi cosa sia quella sabbia lì, a distanza di chilometri dal mare… realizzi e hai conferma dalla guida che si tratta di cenere… cenere umana…e un nodo ti prende la gola…
E’ il segno di quanto il peggiore incubo possa diventare realtà, di quanto sia stato facile che ciò accadesse per la vigliaccheria, la compiacenza e il profitto di quanti si sono girati dall’altra parte , fingendo di non vedere quello che accadeva.
La guida ci lascia con una frase: questo posto viene conservato e mostrato perchè
se è successo, può ancora succedere.
Credo che sia un dovere di ogni uomo e donna trasferire la conoscenza di questo crimine orrendo, durato anni, che ha consentito a uomini di uccidere milioni di persone, in nome di un seme ancora presente nell’umanità:
il razzismo.
Consentitemi di ringraziare la nostra Raffaella Mele per l’emozionante reportage.